
Era il 14 novembre 1930 quando il transatlantico Conte Rosso, dopo una traversata di oltre due settimane, attraccò a Genova. Ad attenderlo, per restare in tema, una folla oceanica di genoani. Tra lavoratori portuali e tifosi che venivano dalle altre parti della vecchia ‘Zena’. Perché? Perché dall’imponente nave sbarcò un altro personaggio mastodontico: l’argentino Guillermo Stabile, detto ‘El Filtrador’, centravanti in grado di dare del tu al pallone e segnare gol a grappoli. Come nel caso del primo Campionato del Mondo, giocatosi pochi mesi prima. Otto reti in quattro partite, titolo di capocannoniere e di vice-campione del Mondo. L’ultimo tassello del grande Genoa che l’anno prima aveva terminato secondo, a un passo dal decimo scudetto, alle spalle dell’Ambrosiana. 48 ore dopo il suo arrivo, sarebbe approdato al Ferraris il Bologna. L’occasione perfetta per sedersi in tribuna a prendere conoscenza con l’ambiente, recuperando le forze dopo un viaggio interminabile? “Nessun problema, posso giocare” pare avesse detto alla dirigenza del Genoa. Impensabile forse nel calcio di oggi e del metro di valutazione attuale. Aveva ragione lui. Tre gol e tutti in piedi ad applaudire. Un episodio leggendario che gli ha permesso di entrare a far parte della Hall of Fame del Genoa. Anni dopo sarebbe entrato ancora di più nel mito del ‘futbol’ argentino. Allenò infatti l’albiceleste per oltre trent’anni, vincendo sei edizioni della Copa America. Una leggenda da una parte e dall’altra dell’Atlantico.